Carmen Adriani

Carmen Adriani

Viaggio

E viaggio per conoscere la mia geografia. Un pazzo.

Viaggio: l’etimologia della parola non è complessa, deriva da provenzale viatge; il termine “viaggiare” contiene in sé il termine “via” che indica non tanto un percorso geografico quanto ciò che occorre per il viaggio stesso, aggiungendo poi una locuzione o un aggettivo definisce l’ambito fisico, le caratteristiche, le qualità. L’idea del viaggiare rimanda all’homo viator del Medioevo, al pellegrino di ogni cultura tradizionale, al viaggiatore incantato del racconto di Nikolaj Leskov, che aveva molto veduto e che non pretendeva di sapere.

Marco Polo o Cristoforo Colombo

Nel periodo di Marco Polo, la terra era considerata un cosmo, e la geografia non aveva ancora assunto la sua forma moderna. Il giovane impiega diciassette anni per raggiungere la sua destinazione, durante un'epoca in cui Venezia e Genova sono potenze commerciali di rilievo e la competizione è intensa sulle rotte del Mediterraneo orientale. L'Estremo Oriente, ancora sconosciuto all'Occidente, suscita curiosità e attrazione non solo per motivi commerciali, ma anche per questioni politiche e religiose.
Marco Polo, al suo ritorno dal viaggio, si trova in un momento critico durante la disputa tra le repubbliche di Venezia e Genova, che culmina con la sconfitta della flotta veneziana nel 1298. Polo viene catturato e imprigionato a Genova, dove incontra Rustichello il Pisano, vittima anch'esso di un trionfo della flotta genovese. Rustichello trascrive sotto dettatura il racconto del viaggio di Polo, traducendolo dal veneziano al franco-italico. Nonostante il viaggio di Polo si sviluppi nel clima di prosperità veneziana, il suo libro è il risultato di una sconfitta.
Il libro era intitolato "Il Milione". Il titolo coincide con il nome dell'autore, ma un titolo più antico e accreditato è "Le Divisement dou monde" o "Libro delle meraviglie". 
Marco Polo non aveva mappe cartografiche per orientarsi nel suo viaggio. Nel Medioevo, infatti, non c'era un concetto di spazio misurabile, ma piuttosto di luoghi posti in sequenza in un ambiente discontinuo. Polo attraversa questi luoghi, assimila linguaggi e costumi e misura la distanza in termini di durata, utilizzando l'alternarsi dei giorni e delle stagioni.
Il viaggio di Polo è caratterizzato dalla sua assenza di fretta, orientandosi con i venti e camminando a piedi per la maggior parte del tempo. Dopo ventisei anni, torna intriso delle culture attraversate, vestito come un mongolo. Il libro e il viaggio sono al servizio della conoscenza universale.
Con l'avvento della Modernità, l'idea di spazio misurabile emerge, e Cristoforo Colombo diventa il principale testimone di questa rivoluzione concettuale. La concezione del mondo subisce una vera e propria rivoluzione copernicana, influenzando anche l'idea di viaggio. A differenza di Marco Polo, Colombo parte con una carta geografica che anticipa la realtà cercata, con l'obiettivo di raggiungere un territorio già descritto nel modello cartografico.
La teoria di Colombo si basa sull'idea che la mappa preceda la realtà e che questa diventi tale solo in quanto si adegua al modello cartografico. 

L'infinito viaggiare

Se il viaggio è un preambolo, un preludio a qualcosa che deve ancora venire e sta ancora sempre dietro l’angolo, allora l'esplorare il mondo è uno dei modi migliori per indagare la mente e il camminare percorre entrambi i terreni. Questo è ciò che sostiene Claudio Magris.
Il viaggio diventa un'esperienza esistenziale, un'immersione nel presente senza aspettarsi un domani, una sospensione del tempo. Gli attraversamenti e le divagazioni diventano più importanti delle mete da raggiungere, trasformando chi intraprende queste scelte di vita in un cittadino e straniero ovunque.
Nell'approccio nomadico a queste scelte di vita, i viaggiatori perenni, come Bruce Chatwin, lasciano tracce di sé attraverso gli strumenti di cui sono capaci. Chatwin, noto per la sua produzione letteraria, ha lasciato cinquanta taccuini e migliaia di fotografie di viaggio. 
Il viaggio diventa dunque una finalità in sé, un'evoluzione da nulla in particolare e una fuga verso qualsiasi cosa.

Viaggio a piedi

Camminare a piedi è una forma elementare di esperienza nello spazio fisico, ma anche motore del viaggio della mente.  
Quando ci concediamo ai luoghi, essi ci restituiscono a noi stessi, e più arriviamo a conoscerli più vi seminiamo l’invisibile messe delle memorie e delle associazioni […], mentre luoghi nuovi ci offriranno pensieri nuovi e nuove opportunità. Esplorare il mondo è uno dei modi migliori per indagare la mente e il camminare percorre entrambi i terreni.
Il viaggio di Von Humboldt e del botanico Aimé Bonpland in America Latina ha contribuito significativamente alla comprensione scientifica e filosofica della natura come un insieme vivente interconnesso. La loro intuizione, ottenuta durante una scalata al Chimborazo, ha influenzato non solo la scienza ma anche l'ecologia ed l'etica. Il viaggio diventa un richiamo inesauribile, così come i luoghi verso cui si dirigono i passi. La pratica del camminare diventa un'esperienza lenta ed immersiva che risveglia i sensi e cambia la percezione del tempo e dello spazio ed insieme migliora la capacità di osservare e prestare attenzione ai dettagli del quotidiano.

Viaggio erratico 

Quando il tracciato diventa tortuoso e pronto a prendere direzioni impreviste, il viaggio diventa erratico. L'erraticità è insieme una scelta ed una modo di vivere lo spazio. Per un nomade, ad esempio, il tragitto stesso è un continuo atto di fondazione, che espande o comprime secondo necessità i margini del proprio territorio attraverso lo spostamento continuo del proprio centro insediativo.  
Si dice che il viaggio abbia a che fare con il sogno: il sogno come progetto profondo ed il viaggio come mezzo per realizzarlo e come metafora di vita. Il divagare è un'esperienza spaziale che disegna percorsi sinuosi nei vuoti della città che accerchia e lambisce. Il camminare può, perciò, avere delle risonanze anche nella concezione dell'architettura e della città, vissute come spazi dell'attraversamento di un unico corridoio che viaggia intorno al mondo. 

Viaggio in Italia: "né languide venezie, né tristi bassi napoletani

Il Viaggio in Italia ha radici lontane e motivazioni che cambiano attraverso i secoli. 
L'Italia è stata vista nei secoli come meta privilegiata delle peregrinazioni di artisti, studiosi e predicatori, resa ufficiale dai viaggiatori del Grand Tour alla fine del XVII secolo. I viaggi di Stendhal, Montaigne o Goethe documentano con pagine letterarie l’immagine artistica che il paesaggio italiano rappresentava in Europa. Matura un’idea nuova del viaggio: fine a sé stesso, sollecitato da un desiderio di conoscenza o di evasione, in cui l’unico vincolo è rappresentato dal ritorno nello stesso punto di partenza senza obblighi di durata o di itinerario.
La storia della fotografia è anch’essa storia di viaggi e di immagini. Il Viaggio in Italia ideato da Luigi Ghirri nel 1973 e curato da lui stesso capovolge la visione stereotipata del paesaggio italiano. Le foto documentano i vuoti, i margini urbani, le aree di bordo, il banale quotidiano, la gente comune: le istantanee di un momento qualunque entrano a far parte di una nuova narrazione. È un punto di non ritorno, nella fotografia quanto nella lettura dei paesaggi che abitiamo o che attraversiamo.

Viaggio intorno alla mia camera

Il viaggio non è solo geografia della storia e del suo visibile, ma anche geografia dell'invisibile, dell'interiorità. È il mezzo attraverso il quale si ricerca il senso profondo dell'esistenza, e, perciò, strumento e metafora di una catarsi
Uno dei temi ricorrenti del viaggio è il ritorno. Il ritorno al punto in cui si è partiti, il ritorno a casa. Nella visione classica l’individuo, attraversando il mondo, affrontandone insidie e pericoli, scopre la propria verità. Il viaggio, dunque, è circolare e liberatorio. Nella Modernità il viaggiare è anche un fuggire, un rompere limiti e legami, spesso in modo irreversibile: in questo caso, però, il viaggio è senza ritorno. Magris descrive bene le due modalità trascendentali del viaggiare: classica e catartica la prima, dissipativa la seconda. 
Nella visione contemporanea “l’Io viaggiatore si getta sempre avanti; […] ogni volta annienta l’intera sua identità precedente e si getta via”. Il viaggio è lineare questa volta, procede rettilineo verso un infinito che come una retta pende sul nulla. Il valore del viaggio risiede dunque non tanto nel viaggio in sé quanto nel cambiamento che produce e nella collezione di esperienze particolari e contingenti che metterà a sistema. Se viaggiare significava abbandonare sé stessi nel luogo di origine, adesso subisce un'inversione di significato: viaggiare (nel senso di migrare) significa portarsi con sé nel luogo di approdo. 

                                                                                                             
A cura di Elisa Angeloni e Martina Bilotti

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