Luigi Franciosini

 Luigi Franciosini

Secondo Luigi Franciosini ogni elemento progettato è dato dal susseguirsi di tentativi, che nascono nel momento in cui ci si interroga sui rapporti che si instaurano tra forma, utilità e sostegno. E' dunque fondamentale tenere in considerazione questi rapporti e non concentrarsi solo ed unicamente su un singolo aspetto per ottenere un risultato non solo bello esteticamente ma anche funzionale.

"Tecniche,materia,spazialità.
Ogni esperienza progettuale che intenda formare, non può che scaturire da un tentare una determinata possibilità mediante il continuo interrogarsi sui mutui rapporti tra ragioni di forma, di utilità e di sostegno, ovvero sperimentare concretamente il principio di indissolubilità tra intenzione formativa, tecnica e materia.
Mentre si tenta, si va scoprendo come la forma deve essere fatta; in questa continua ricerca di regole e di ordine, di misura e d’organizzazione, la costruzione – l’esercizio del mettere insieme e dell’opporsi alla gravità rappresenta l’unico momento fondante della formazione dell’architetto.
Non considero ammissibile l’esclusiva priorità dei motivi espressivi ed evocativi rispetto ai problemi tecnici impliciti nel farsi del processo tra ideazione e conformazione: essi sono indissolubilmente legati in un’unità dialettica.
L’architettura è sempre materia costruita."

Luigi Franciosini nasce ad Orvieto il 27 Maggio del 1957. Si laurea con lode presso l'Università degli Studi "La Sapienza" nella facoltà di Architettura e consegue poi il titolo di Dottore di Ricerca in composizione architettonica nel 1992.

Nel 1994 è selezionato come Fitz - Gibbon Chair Visiting Professor in Architecture presso la Carnegie Mellon University di Pittsburh (USA), dove è responsabile del Second Year Design Studio, masonry and wood construction.

Dal 1996 intraprende l'attività di professore presso la facoltà di Architettura di "Roma Tre".

Dal 2002 ha ricoperto il ruolo di Ricercatore in Composizione Architettonica ed Urbana e Nel 2012 è vincitore di concorso nazionale per il ruolo di professore ordinario in Progettazione Architettonica ed Urbana. 

Dal 1987 svolge attività di progettazione. I suoi progetti sono pubblicati in riviste e libri di settore ed hanno ottenuto riconoscimenti internazionali e nazionali.

L'Architetto Luigi Franciosini partecipa al concorso per la Progettazione del "Museo della Scienza di Roma", Servizio Pubblico Urbano (Attrezzatura collettiva culturale), nell'ambito del processo di trasformazione urbana dell'ex Stabilimento Militare Materiali Elettronici e di Precisione di Via Guido Reni a Roma. Supererà la prima fase e si collocherà poi quinto nella classifica finale.



Questo progetto tiene conto di moltissimi aspetti che vengono abilmente riportati nella relazione allegata al progetto.

Rapporto con la città

Il progetto tiene conto di ciò che lo circonda e riesce a dialogare con il carattere deciso degli elementi molto rigidi in cui esso si amalgama perfettamente. Tanto più regolare è l’impianto urbano, squadrato e polarizzato, tanto più intenso sarà l’esito espressivo, quando, tra i tracciati delle strade s’incrociano le emergenze architettoniche. In questo contesto fatto di accadimenti eccezionali in dialogo tra loro l'impianto architettonico consente due approcci: uno libero ed uno controllato.

L'Architettura

Sei elementi iconici fanno da ossatura a questo progetto:

1 - La conservazione e il restauro del recinto del vecchio ‘Stabilimento Militare’
2 - Un’attenta concezione ambientale
3 - Una concezione estetica intellegibile, che combina la razionalità scatolare del volume del museo, con la singolarità scultorea delle ‘torri solari’
4 - Una copertura concepita come un frammento di paesaggio naturale
5 - Una concezione strutturale a grandi luci in acciaio per garantire un uso flessibile degli spazi
6 - Una concezione tipologico-distributiva permeabile, che nel rispetto della preesistenza, accoglie la vita della collettività, garantendo una frequentazione libera dell’organizzazione funzionale

Il progetto tiene ovviamente conto anche del fatto che il rapporto con Roma è fatto anche di colori.
Quello a cui si punta è una grande sala che si dipana il quattro livelli in modo da poter ospitare varie funzioni in questo ampio spazio privo di barriere.



Lo sviluppo del programma museografico

Il programma è strutturato da 4 livelli fuori terra e da un ambiente di sottosuolo:
1 - Il piano ipogeo , organizza magazzini e locali tecnici
2 - Il piano terra , è posto in continuità con gli spazi pubblici e va ad assorbire nella grande galleria e nella promenade architecturale i flussi pubblici mettendoli in contatto poi con le attrezzature ad accesso libero e con gli spazi destinati all’esplorazione scientifica.
3 - Il piano intermedio , si affaccia sugli spazi museali a doppia e tripla altezza e consente l’organizzazione di spazi dedicati al public engagement e all’interazione diretta del pubblico con strumentazioni scientifiche, oltre ad offrire punti privilegiati di osservazione dall’alto delle grandi installazioni
4 - Il piano attico , una piastra costituita da gallerie fluide e comunicanti tra loro, attraversata delle corti per garantire luce zenitale.

Aspetto importantissimo è quello del movimento, che si articola in movimento delle cose e movimento delle persone , il primo movimento sarà di tipo motorizzato mentre il secondo sarà un movimento pedonale. 



Spazi simultanei, sequenziali e in successione

Nei musei contemporanei è fondamentale realizzare degli spazi che siano in grado di trasformarsi per poter soddisfare le diverse esigenze espositive. L’obiettivo è quello di ottenere una spazialità continua, indifferenziata, neutra, omogenea. Un contenitore, equipaggiato tecnicamente per accogliere la molteplicità degli eventi. Attraversando i vari spazi di passaggio in maniera ordinata si creano delle vere e proprie sequenze di eventi spaziali , l'attraversamento dello spazio però può anche essere più libero offrendo così allo spettatore una visione d'insieme.
Abbiamo così da un lato un procedere ordinato, sequenziale e sistematico; dall’altro un deambulare, un girovagare, un tentare.

Vedere, percepire, guardare

A seconda della tipologia di opera da esporre sarà necessario attuare una diversa strategia progettuale, si distinguono quindi quattro modalità di percezione di oggetti e cose:
1 - Vedere da lontano
2 - Vedere dall’intorno
3 - Vedere da vicino
4 - Interagire, prender parte

Innovazione e sostenibilità

Le torri rappresentano le strutture di massima concentrazione sia di produzione di energia attiva e passiva, sia di miglioramento dei processi fisici di scambio termico con aria e acqua. Esse svolgono una molteplicità di funzioni quali:
- sono sostegno per l’istallazione di pannelli fotovoltaici e solari termici cogenerativi PVT
- la copertura a singola o doppia falda convoglia l’acqua meteorica su apposite vasche di riserva
- sono camini del vento
- sono strutture per la realizzazione di serre solari e idroponiche destinate alla coltivazione di specie vegetali
- contengono, in appositi ambienti aerati, le componenti tecnologiche per il trattamento delle unità dell’aria
- contengono i sistemi di scambio termico con l’aria per la condensazione remota, nella stagione estiva, e l’evaporazione nella stagione invernale a servizio delle pompe di calore aria/acqua ubicate nelle centrali tecnologiche
- sono sistemi di ombreggiamento alla quota della copertura





EXPO DOPO EXPO. LA CITTADELLA 



A seguito dell'Expo 2015, la periferia nord di Milano è divenuta un laboratorio nazionale di studi, ipotesi e progetti sul tema della frammentazione della città contemporanea. Quest'area, che rappresenta in qualche modo la condizione della periferie di molte metropoli europee, è stata oggetto di un workshop, dal titolo "Expo dopo Expo", organizzato dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, in occasione del quale sono state elaborate diverse proposte progettuali per la trasformazione dell'area dell'Expo. 

Una di queste proposte è La Cittadella. Questo progetto prevede lo sviluppo di un nuovo polo universitario e di altri centri di ricomposizione insediativa che incrementerebbero la struttura multipolare del sistema metropolitano, aumentando la domanda di mobilità nel nuovo sistema policentrico. Si propone inoltre di restituire al territorio l'ecosistema di un paesaggio culturale e di ripensare la rete ecologica in termini progettuali, a partire dal riconoscimento della potenzialità del sistema idrico. 
Ciò prevede due principali strategie di intervento: 
a. ricostruire la continuità dei corridoi ambientali, tramite l'espansione delle aree centrali ed un drastico incremento degli elementi di riconnessione; 
b. riattivare il sistema di irregimentazione delle acque, finalizzato al riequilibrio ambientale, agricolo e naturale. 

La scelta di concentrare l'intervento in un unico sistema insediativo nasce dal tentativo di riconoscere e reinterpretare la matrice fondativa ed il carattere storico delle strutture insediative determinanti l'identità paesistica dell'entroterra milanese: una cittadella immaginata, analogalmente ai borghi storici, come un nucleo densamente organizzato ed isolato, tra boschi e fitti filari di pioppi alternati a specchi d'acqua e fontanili. 

Il sistema del trasporto pubblico su ferro prevede due fermate in prossimità dell'area d'intervento: Rho-Fiera, già presente a nord (linea metropolitana e linee regionali) e Stephenson, di previsione a sud, distanti fra loro circa 2 km. Tale condizione pone delle difficoltà per quanto riguarda l'accesso pedonale al nuovo complesso, le quali, però, vengono risolte con la realizzazione di un sistema di mobilità leggero e locale su rotaia (people mover), che risulta la più opportuna tra le tecnologie disponibili (considerata la distanza da coprire tra i vari punti di accesso). Il sistema della viabilità carrabile interna all'area, invece, recupera l'anello perimetrale preesistente. 

Le superfici necessarie per la realizzazione del nuovo Campus sono concentrate in un edificio composto da una struttura orizzontale di collegamento a piastra ed un sistema in elevazione. L'edificio è concepito come un frammento di un sistema discontinuo e, allo stesso tempo, fortemente legato alla struttura delle trame territoriali e come rappresentazione di una scelta che si articola con un doppio registro: da un lato, pone il problema del consumo di suolo, dall'altro cerca un nuovo significato della rappresentazione del lavoro e della ricerca. La giacitura del progetto rilegge gli edifici presenti nell'area come tracce di un suolo archeologico, accostandosi o sovrapponendosi e reinterpretandone il ruolo in una nuova scala. 


Domande:

1-Nel progetto del "Museo della Scienza di Roma" è molto importante l'aspetto di integrazione con lo spazio che lo circonda e soprattutto con l'impianto architettonico industriale realizzato agli inizi del ‘900, secondo lei qual'è il limite oltre il quale non bisognerebbe spingersi nella progettazione in questi casi? E nel caso specifico del progetto vincitore questo limite non è stato forse superato?

2-Sia nel progetto per il Museo della Scienza che in quello della Cittadella dell’Expo dopo Expo si nota una certa attenzione per la concezione ambientale, e quindi per la sostenibilità. Quali sono oggi le sfide principali nel progettare in modo sostenibile?

                                                                                                             
                                                                                                                  Elisa Angeloni - Martina Bilotti


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